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Chiesa cilena: il papa denuncia la distruzione di documenti compromettenti

Chiesa cilena: il papa denuncia la distruzione di documenti compromettenti

Immediatamente dopo la fine degli incontri con papa Francesco, iniziati il 14 maggio e conclusivi il 17 maggio con la consegna della lettera del pontefice ai suoi ospiti, i vescovi cileni, che uno di questi, il vescovo di Talca, mons. Horacio Valenzuela, ha pubblicato sul sito della sua diocesi un breve messaggio di ringraziamento a tutti coloro che gli sono stati vicini «in questi giorni insieme belli e difficili» (terminati «da pochi minuti», informa) affermando che rimarrà al suo posto: «In piena disponibilità al Santo Padre - scrive - continueremo a camminare insieme come suo vescovo fino a che la volontà del Signore non dirà altro». Mons. Valenzuela fa parte del gruppo – con i vescovi Juan Barros di Osorno, mons. Andrés Arteaga, ausiliare di Santiago e mons. Tomislav Koljatic, di Linares – dei “discepoli” dell’ex sacerdote e abusatore Fernando Karadima, tutti accusati dalle vittime di essere a conoscenza, quando non spettatori, dei reati di quest’ultimo. Le testimonianze delle vittime su questi ed altri vescovi (finora presunti) insabbiatori sono state raccolte dal vescovo maltese de La Valletta, mons. Charles Scicluna, e consegnate al papa. L’aspettativa generale è che il papa li rimuova dai loro incarichi.

"Alcuni vescovi andranno rimossi"

Ma mons. Valenzuela è fiducioso, dà per scontato che rimarrà al suo posto. Eppure è stato proprio Francesco a parlare di rimozioni nel testo di 10 pagine che prima ha letto e poi ha consegnato ai tutti i vescovi cileni nel pomeriggio del 14 maggio perché meditassero: «I problemi che oggi si vivono nella comunità ecclesiale», aveva scritto, «non si risolvono solamente affrontando i casi concreti e limitandoli alla rimozione di alcune persone; questo – e lo dico chiaramente – bisogna farlo, ma non è sufficiente, bisogna andare oltre».

"Distrutti documenti compromettenti"

Il testo papale era riservato, non nella disponibilità dei giornalisti. L'ha però intercettato e reso pubblico la televisione cilena T13 (ne parla diffusamente  l’Associated Press) e che sia autentico, viene detto, è stato confermato dal Vaticano. In esso, oltre ai toni estremamente diretti, colpisce la denuncia di un fatto non noto che ha lasciato Francesco «perplesso e pieno di vergogna»: ci sono prove nel rapporto Scicluna di «pressioni esercitate» su funzionari ecclesiastici incaricati di indagare sui crimini sessuali, «inclusa la distruzione di documenti compromettenti da parte di coloro che si occupano degli archivi ecclesiastici».

L'indagine insomma, ha detto il papa, ha mostrato che ci sono stati «gravi difetti» nel modo in cui sono stati gestiti i casi di abuso, alcune volte con indagini superficiali o addirittura senza neanche aprire indagini, malgrado accuse che contenevano prove evidenti di crimini. Qui non può non tornare alla memoria il caso del card. Francisco Javier Errázuriz, che, allora vescovo di Santiago del Cile, informato dal 2003 della denuncia contro Karadima di José Murillo e più tardi di quella di James Hamilton, rispose: «Sfortunatamente, considero al momento queste accuse non credibili», e non avviò alcuna inchiesta, in questo sostenuto dall’attuale vescovo ausiliare di Santiago, mons. Andrés Arteaga, che non riteneva affidabili i denuncianti (v. Adista Notizie n. 8/18).

*Foto tratta da Creative Commons immagine originale e licenza

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