Un potere anonimo che travolge ogni cosa. La vita ai tempi del neoliberismo
Tratto da: Adista Documenti n° 28 del 30/07/2016
DOC-2800. ROMA-ADISTA. È un progetto che investe tutto e tutto controlla: l'economia, la politica, la società, la cultura, i valori etici... Eppure del neoliberismo, la fase più avanzata del capitalismo, a stento le persone conoscono il nome. Un po' come, scrive lo scrittore, giornalista, ambientalista e attivista politico britannico George Monbiot, se «la popolazione dell'Unione Sovietica non avesse mai sentito parlare di comunismo». E non è un caso, considerando che «l'anonimato è tanto sintomo quanto causa del suo potere»: «Può esserci - si interroga Monbiot - un potere maggiore che operare anonimamente?».
E per capire quanto sia enorme questo potere, basta considerare come sia riuscito a «rimodellare la vita umana» - ridefinendo i cittadini come consumatori, le cui scelte democratiche sarebbero «espresse al meglio nel comprare e nel vendere» - e a cambiare «il locus del potere», che dallo Stato è stato trasferito al mercato e da questo alle transnazionali e al capitale finanziario. Con la conseguente distruzione dei tessuti comunitari e delle strutture non capitaliste, come evidenzia l'economista ecuadoriano Pablo Dávalos, nel suo libro Democrazia disciplinare. L'altra faccia del progetto neoliberista, appena pubblicato da Hermatena nella collana “Ripensare il mondo” coordinata da Aldo Zanchetta (pp. 353, euro 21,50, tel. 051-916563, info@mutusliber.it), la cui ipotesi di base è che «nel capitalismo la politica implica una razionalizzazione, giustificazione, legittimazione e utilizzazione strategica della violenza, e che questa violenza viene esercitata sugli esseri umani, la società e la natura per mezzo di una serie di strumenti, dispositivi, istituzioni, pratiche, retoriche, simboli e discorsi di potere».
Ma il trionfo del neoliberismo, ricorda Monbiot, riflette anche il fallimento della sinistra, incapace di proporre un'alternativa che non sia quella delle ormai superate soluzioni keynesiane, ignorando non solo quanto sia difficile «mobilitare le persone intorno a vecchie idee», ma anche quanto la teoria keynesiana, centrata sullo stimolo della domanda di consumo per promuovere crescita economica, sia del tutto inadeguata a far fronte al «nostro problema più grave: la crisi ambientale».
Vi proponiamo, in una nostra traduzione dal portoghese, ampi stralci del suo articolo, pubblicato da Outras Palavras (23/4).
* Immagine di Udo Springfeld, tratta dal sito Flickr, immagine originale e licenza. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite
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