Premio per la pace alla ministra per la guerra
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 17 del 07/05/2016
Il 12 aprile scorso la Ministra della Difesa Roberta Pinotti è stata insignita del Premio “Napoli città di pace”. Di seguito le considerazioni dell’ex parlamentare e attivista per la pace Francesco De Notaris e un appello firmato dal vescovo emerito di Caserta mons. Raffaele Nogaro, dallo storico della Chiesa Sergio Tanzarella, dal missionario comboniano p. Alex Zanotelli, dallo stesso De Notaris e dall’ex deputato Francesco La Saponara.
L’intelligenza collettiva ha ricevuto un duro colpo a Napoli. Tutti insieme, Ucsi (Unione cattolica stampa italiana), Ordine dei giornalisti, Università Suor Orsola Benincasa in sinergia, hanno pensato di consegnare il 12 aprile scorso il premio “Napoli Città di pace” alla ministra della Difesa Roberta Pinotti. Altri hanno avuto il riconoscimento per l’impegno professionale profuso in settori che con la pace non hanno stretta parentela.
La motivazione che ha laureato la Pinotti donna di pace recita tra l’altro: «Per il suo ruolo strategico e riformatore in materia di difesa nazionale e internazionale, declinato al femminile in piena coerenza con un impegno di servizio della politica come forma più alta di amore, che mette al centro la tutela e la dignità della vita umana». Parole in libertà!
Il giorno dopo moriva Pietro Pinna, uomo di pace, personaggio fondamentale nella storia del pacifismo italiano. Non credo lo abbia saputo. Forse, se ne è venuto a conoscenza, la sofferenza gli è stata fatale.
I Movimenti per la Pace e coloro che hanno a cuore la pace e che leggono l’articolo 11 della Costituzione nella sua completa formulazione, sia per quanto attiene il principio «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…» sia per l’azione in vista di «un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo», certamente hanno trovato singolare questa attribuzione che credo per la prima volta, in Italia, è stata offerta ad un ministro della Difesa. Del resto lo stupore è simile a quello che fa chiamare ‘intelligenti’ le bombe che i bombardieri rilasciano e che uccidono la povera gente.
Nell’occasione il card. Sepe ha auspicato che il Ministero della Difesa possa cambiare denominazione in Ministero della pace, secondo il dettato costituzionale. Secondo il dettato costituzionale, questo Ministero della Difesa, non può cambiare nome. Sarà Ministero della Pace se cambierà natura, linea, programmi.
Credo che la via della pace, “il sentiero di Isaia” amato da La Pira, vuol dire, come dal comunicato stampa di Pax Christi del 9 Febbraio scorso, «il rispetto della legge 185/90 sul commercio delle armi» che vieta non solo l’esportazione, ma anche il transito di armi verso i Paesi in guerra; vuol dire «impedire l’invio delle armi verso il Medio Oriente»; vuol dire non «investire in pericolosissimi aerei da guerra F35»; vuol dire «promuovere i corpi civili di pace»; vuol dire «opporsi ad una politica basata su continui interventi militari».
Da Cagliari, e prima da Olbia, come denunciato da Rete italiana per il disarmo, sono partite bombe per l’Arabia Saudita in stato di conflitto armato che bombarda lo Yemen senza mandato internazionale: bombe prodotte da un’azienda tedesca con sede legale a Ghedi e stabilimento a Domunovas in Sardegna.
Per la ministra della Difesa le forniture all’Arabia Saudita sarebbero ‘regolari’. Il Papa: «Tutti parlano di pace, tutti dichiarano di volerla, ma purtroppo il proliferare di armamenti di ogni genere conduce in senso contrario. Il commercio delle armi ha l’effetto di complicare e allontanare la soluzione dei conflitti, tanto più perché esso si sviluppa e si attua in larga parte al di fuori della legalità».
Movimenti di ispirazione cristiana come le Acli, Beati i costruttori di pace, la Conferenza degli Istituti missionari, Il Gruppo Abele, Mani tese, Pax Christi e tanti altri movimenti scrivono: «Per la prima volta in trent’anni l’Italia decide di inviare armi ad un Paese in conflitto». Pubblica Famiglia cristiana. Di ritorno dalla Corea papa Francesco ci ha detto che «è lecito fermare l’aggressore, non bombardare o fare la guerra». E la Pinotti che dice?
La legge di stabilità del 2016 non ha stanziato le risorse per far partire per il Servizio civile i centomila giovani all’anno come promesso dal Governo, né risultano stabilizzati i corpi civili di pace. E la Pinotti?
Programmazione pluriennale con spese spropositate per i prossimi anni, poco all’aiuto umanitario e alla cooperazione. Tagli alla scuola, all’Università, alla Sanità, allo stato sociale, ai Comuni. Non parlo di F35 e di Fregate Fremm. Storie note. Non è questa una politica per la pace. È una politica che sostiene l’idea bellicista, contrabbandandola per pace. Lo dico da ex parlamentare per la pace.
Renzi nel 2016: «Vedo gente che vuole mandare in Libia 5.000 uomini. Calma, non è un videogioco». Nel 2015 la Pinotti credeva a tale videogioco. Eppure aveva cominciato bene da pacifista. Poi ha ceduto credendo di avere potere. Invece esegue. Come è stato possibile che in una Università a Napoli alcuni soggetti professionalmente educatori e giornalisti Ucsi abbiano indicato ai giovani, come esempio, chi si adegua ad una politica impropriamente chiamata di pace? Fanno il deserto e lo chiamano pace.
Un premio che offende i morti. Vergogna!
Dobbiamo con profondo rammarico denunciare che la capacità mimetica della guerra e la giustificazione della violenza si accrescono in modo inatteso nella generale indifferenza con un uso e un abuso della parola pace. Ne è stata dolorosa prova l’attribuzione il 13 aprile 2016 del premio Napoli Città di Pace all’attuale ministra della Difesa Roberta Pinotti da parte dell’Unione Cattolica Stampa Italiana. Le motivazioni del premio a lei dato costituiscono una offesa all’intelligenza e sono un monumento alla mistificazione:
I notevoli primati del suo ruolo strategico e riformatore in materia di difesa nazionale e internazionale, declinati al femminile in piena coerenza con un impegno al servizio della politica come forma più alta d’amore, che, mette sempre al centro a tutela e la dignità della vita umana».
Ci chiediamo da quando i ministri della Difesa si occupano della tutela e della dignità umana e non invece dell’organizzazione e realizzazione della guerra sebbene sotto la denominazione edulcorata e rassicurante di missione di pace e operazione di polizia internazionale? Le guerre in Iraq, i bombardamenti della Serbia e della Libia, la guerra in Afghanistan sono le azioni scellerate che i governi italiani e i ministri della Difesa hanno promosso riuscendo sia ad aggirare l’articolo 11 della Costituzione, sia a fare ulteriormente ingrassare i fabbricanti di armi complici dei Parlamenti fatti da maggioranze di alza paletta che rinnovano esorbitanti finanziamenti per sistemi d’arma, bombe, missili, aerei e navi da guerra tanto da non avere più denaro per curare i malati, istruire i giovani, sconfiggere le marginalità sociali.
La stessa ministra Pinotti, sempre pronta a mettere a disposizione soldati italiani per tutte le guerre del pianeta, ha intuito il paradosso della concessione del premio e, prevedendo critiche ha affermato: «Potrebbe sembrare paradossale premiare un ministro che si occupa di Difesa e Forze armate con un premio per la pace, ma si è capito che non è affatto paradossale perché le nostre Forze armate operano proprio per garantire la sicurezza dei cittadini, la stabilità delle Istituzioni e lavorano quotidianamente per riportare la pace».
Sarebbe istruttivo per tutti che a queste affermazioni potessero replicare i civili uccisi dalle bombe italiane, i morti iracheni uccisi a causa della fantomatica arma letale per cui venne combattuta – anche da parte degli italiani – quella guerra. E soprattutto dovrebbero parlare le centinaia di militari italiani morti e le migliaia di ammalati di cancro a causa dell’uranio impoverito alle cui polveri furono esposti senza alcuna protezione. Gli orfani e le vedove di quei militari, cui sono negate anche forme di assistenza, meriterebbero di non essere offese da questo premio.
È certo molto inquietante e moralmente grave che il premio sia stato promosso e attribuito dall’Unione Cattolica Stampa Italiana Campania nella persona del suo presidente regionale Giuseppe Blasi e della vicepresidente nazionale Donatella Trotta con la partecipazione dell’assistete spirituale dell’Unione il salesiano Tonino Palmese. L’Unione Cattolica Stampa Italiana ha commesso un grave errore che noi qui denunciamo. A chi il prossimo premio per la pace? A Finmeccanica? È evidente che l’Unione non presta attenzione alle parole che papa Francesco ha pronunciato, ripetutamente in questi tre anni, contro i fabbricanti di armi e i loro mediatori e clienti. Armi che sono realizzate con il solo scopo di uccidere, per essere utilizzate in questa terza guerra mondiale a puntante nella quale i ministri della Difesa italiani hanno avuto e hanno un ruolo non di comparse, ma di protagonisti premiati in nome della “pace”. Ma questo non è un paradosso, è soltanto vergognoso.
Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta
Sergio Tanzarella, storico della Chiesa
Alex Zanotelli, missionario comboniano
Francesco de Notaris, ex senatore e attivista per la pace
Francesco La Saponara, ex deputato e docente universitario
* Immagine di Alessio Jacona, tratta dal sito Flickr, immagine originale e licenza. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite.
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