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Trivelle? No grazie. Vescovi  che votano “sì”

Trivelle? No grazie. Vescovi che votano “sì”

Tratto da: Adista Notizie n° 14 del 16/04/2016

38504 ROMA-ADISTA. Sul referendum del vicinissimo 17 aprile – al quale si voterà per lo stop alle estrazioni di petrolio da pozzi (entro le 12 miglia marine) oltre il termine delle concessioni – la Conferenza episcopale italiana non ha emesso alcun comunicato. Ma la scelta per il Sì manifestata dal vescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, nell'intervista rilasciata a Famiglia cristiana (3 aprile), rappresenta un più che qualificato intervento, in quanto Santoro è presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e del lavoro. 

Il punto è, spiega il vescovo, che «bisogna difendere le nostre terre già ferite da un ulteriore sfruttamento». L’auspicio è dunque che «nelle comunità ecclesiali si discuta dell'argomento proprio partendo dalla traccia che papa Francesco ci ha donato con la Laudato si' così come – informa – sta accadendo nelle regioni direttamente toccate dalle trivellazioni». «Le piattaforme petrolifere al largo delle coste dell'Adriatico e dello Ionio – precisa – sono un'ulteriore aggressione a una realtà già fragile e vanno a intaccare la vocazione legata al mare, al turismo, alla pesca, all'agricoltura e all'artigianato di un territorio già ferito. La tecnologia non può non tenere conto delle conseguenze di un suo abuso che non contempli le possibili ripercussioni. Sono il vescovo di una terra, quella di Taranto, che è simbolo dello sviluppo a cui è stato sacrificato il benessere del creato, una terra che è monito per chiunque voglia perseguire una strada che ha dato frutti avvelenati». E allora «rifiutare le scelte facili» del continuare a sfruttare fino alla fine i pozzi in concessione «costituisce una risposta forte alle esigenze di una "ecologia integrale" indispensabile per il nostro territorio e la nostra società. Tutto questo mi offre ragionevole fondamento al Sì al referendum del 17 Aprile». 

La posizione di mons. Santoro è assai diffusa tra i vescovi. «Diamoci da fare tutti/e, credenti e non, partecipando alla consultazione elettorale, ed esprimendo al referendum un mare di “Sì”, per proteggere la nostra Casa comune» è la sollecitazione che viene dall’ufficio della Pastorale Sociale e del Lavoro della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, retta da mons. Giovanni Ricchiuti. Il comunicato chiama ad un «incontro informativo» (Altamura, 8 aprile) sui motivi per «mettere un freno alle trivellazioni petrolifere nei nostri mari», introdotto proprio dal vescovo. Il comunicato, piuttosto combattivo, ricorda che «ognuno è chiamato a fare la propria parte», e non solo il 17 aprile: tale appuntamento – rimarca, sottolineandone il contesto politico  – «è il primo di una stagione referendaria per la democrazia, che passa per il referendum sulle riforme costituzionali del prossimo autunno e arriva a quelli per la difesa della scuola pubblica, i rifiuti zero e “Trivelle zero” per i quali presto inizierà la raccolta firme».

Il vescovo di Catanzaro, mons. Vincenzo Bertolone, presidente della Conferenza episcopale calabra, a marzo (la notizia è del Quotidiano del Sud, 11/3) ha scritto al consigliere regionale calabrese Arturo Bova – presidente della commissione speciale Antindrangheta, nonché consigliere delegato della Regione per il referendum del 17/4 – per illustrare la posizione della Chiesa calabra: «Di questioni politiche la Chiesa nella sua parte istituzionale non s'impiccia», afferma il vescovo nella sua lettera. «Ma la Chiesa, che si batte per la verità, non può rimanere sorda e muta di fronte a quanto va avvenendo, soprattutto facendo sentire la propria voce attraverso i fedeli laici che, nel secolare e nel politico, realizzano la propria vocazione cristiana». «Né, tanto meno, la Chiesa – aggiunge – può restarsene immobile di fronte all’eventualità che le mezze verità possano porre a repentaglio il Creato, che papa Francesco ha invitato a considerare la "casa comune" di tutti i sistemi viventi e non viventi, che, in quanto tale, appartiene a Dio e da Lui è stato donato agli esseri umani, non ai governi». Di fronte al rischio che «la costa possa d’improvviso divenire un orizzonte di piattaforme», secondo il vescovo non c’è «persona di media diligenza che, in buona fede, non possa non riconoscere il grave pericolo al quale si stia andando incontro. Il 17 aprile gli italiani saranno chiamati a dire la loro in un referendum».

Non ha detto espressamente che voterà Sì il vescovo di Ugento, mons. Vito Angiuli, ma il suo orientamento si manifesta nell'articolata intervista rilasciata all'agenzia Zenit (21/3). «La questione delle trivelle», ha tra l'altro affermato, «non tocca solo l’aspetto indicato dal quesito referendario, ma riguarda un tema più generale che bisognerà affrontare anche dopo il referendum, qualunque sia il suo esito. A questo referendum si è giunti a seguito di un mancato confronto tra alcune Regioni e il governo nazionale. In seguito, bisognerà riprendere il dialogo Stato-Regioni, non senza tener conto della volontà popolare. Le scelte che riguardano il bene comune debbono essere affrontate attraverso un incontro e una discussione tra organismi istituzionali e, dove è necessario, anche attraverso un passaggio parlamentare».

Il vescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, mons. Giovan Battista Pichierri, ha parlato attraverso la Nota di fine marzo dell'ufficio diocesano Problemi sociali, chiedendo «a tutti di informarsi sul quesito referendario e di recarsi alle urne il 17 aprile per votare Sì al referendum». «L'acqua, il creato, la bellezza senza prezzo del nostro mare, la salute della gente ce ne renderanno grazie», è la chiusa della Nota.

Il polso della Chiesa italiana sull'appuntamento del 17 aprile lo ha dato comunque il raduno di 80 diocesi in piazza San Pietro il 2 aprile, proprio per attirare l'attenzione sul referendum contro le trivelle (ma anche per l'acqua pubblica). “Polso” non considerato da mons. Nunzio Galantino che, forse per il suo ruolo di segretario della Cei, non si schiera apertamente. In modo diplomatico ha affermato (Ansa, 18 marzo) che «non c'è un sì o un no da parte dei vescovi al referendum» e che, «da parte della Cei, chiediamo da tempo che ci si confronti di più per arrivare a soluzioni condivise, perché sta venendo meno il coraggio di andare oltre la cultura del “sì o no”», tanto più su un tema «interessante» che «merita molta attenzione». Tuttavia, il suo personale orientamento si potrebbe dedurre dall'affermazione che «non gli dispiace» quanto ha scritto Avvenire: «Non si può applaudire all’enciclica Laudato si’ dicendo “che bello, che giusto”. E poi fare finta di nulla». 

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