La fede in un Dio che ama la diversità. Il pluralismo religioso come imperativo etico
Tratto da: Adista Documenti n° 12 del 26/03/2016
DOC-2771. ROMA-ADISTA. È una delle grandi sfide che la teologia mondiale è chiamata urgentemente a raccogliere. Di più: è un imperativo etico e una priorità irrinunciabile per tutta l'umanità. Ma, di sicuro, la questione del pluralismo religioso è anche un campo minato per i teologi, come hanno sperimentato tutti coloro che – dal belga p. Jacques Dupuis (scomparso nel 2004) al gesuita statunitense p. Roger Haight, dal religioso dello Sri Lanka p. Tissa Balasuriya (morto nel 2013) al vietnamita emigrato in Usa Peter Phan, dal galiziano Andrés Torres Queiruga allo spagnolo-nicaraguense José María Vigil – si sono impegnati in vario modo su questioni relative all’unicità salvifica di Cristo, alla funzione della Chiesa nel piano di salvezza, al valore salvifico delle altre religioni, esponendosi a censure, emarginazione, processi e rappresaglie.
Perché, di certo, per la Chiesa cattolica, uscita con fatica dall'assioma esclusivista “fuori dalla Chiesa non c'è salvezza”, il salto dal paradigma inclusivista oggi dominante (secondo cui la salvezza è possibile anche attraverso le altre religioni, “incluse” in qualche modo nell’unico piano di salvezza che ha come centro Cristo) a quello pluralista (in base a cui le religioni non cristiane sono vie di salvezza valide per se stesse e non per una presunta loro partecipazione al mistero di Cristo) è tutt'altro che scontato, mettendo in discussione elementi importanti dell'identità cristiana come la categoria del popolo eletto, la concezione della missione o lo stesso dogma cristologico. Potrebbe sembrare un po’ come la ricerca della quadratura del cerchio: conciliare la piena fedeltà alla testimonianza cristiana con l’impegno in un autentico dialogo interreligioso. Eppure, come ha affermato un altro importante teologo del pluralismo religioso, lo statunitense Paul Knitter, affinché oggi sia possibile fare una scelta religiosa, è sempre più evidente la necessità che ciò avvenga «in maniera interreligiosa», cioè «riconoscendo che esistono altri modi validi di essere religiosi». È, questa, appunto, la strada seguita dal teologo brasiliano Faustino Teixeira, già allievo di Dupuis alla Pontificia Università Gregoriana, docente nel Programma di specializzazione in Scienza della Religione presso l’Università Federale di Juiz de Fora, in Minas Gerais, e autore di diversi libri sui temi del dialogo interreligioso, del pluralismo religioso e della mistica comparata delle religioni, l'ultimo dei quali è stato appena pubblicato da Pazzini Editore con il titolo Cercatori cristiani in dialogo con l'Islam (2015, pp. 139, 14 euro), in cui Teixeira ripercorre le vite di alcuni di questi “dialoganti” cristiani, mistici e profeti che, dalla loro esperienza di frontiera, indicano la rotta da seguire ai credenti del XXI secolo: Louis Massignon, Abd-El-Jalil, Louis Gardet, Georges Anawati, Serge De Beaurecueil, Christian De Chergé, Paolo Dall'Oglio. Ed è con un pensiero rivolto a tutti loro che, il 19 febbraio scorso, si è svolto alla Comunità di San Paolo, per iniziativa della Comunità stessa, del Cipax e di Officina Adista, un incontro con il teologo brasiliano sul tema “Il Pluralismo delle Religioni. Sfida alla Teologia Cristiana”. Vi proponiamo l'intervento di Faustino Texeira, tratto da una registrazione e non rivisto dall'autore, e alcuni stralci del suo libro, tratti dal capitolo su Christian de Chergé.
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