Cattolici, ebrei e musulmani: uniamoci nella difesa dell'ambiente!
In concomitanza con la pubblicazione dell’enciclica Laudato si’, tre esponenti di rilievo delle tre religioni abramitiche, hanno deciso di esprimere il loro sostegno a papa Francesco nella lotta al cambiamento climatico, invitando i fedeli cattolici, musulmani ed ebrei ad alzare forte la loro voce in vista della Conferenza sul clima (Cop21) che si terrà a Parigi nel prossimo dicembre.
Di seguito, in una nostra traduzione dall’inglese, la dichiarazione congiunta firmata dal card. John Onaiyekan, dal rabbi David Rosen e da Din Syamsuddin, apparsa sul Guardian il 18 giugno scorso.
Il 18 giugno, papa Francesco ha presentato un’enciclica sull’ambiente potente e puntuale, esortando l’umanità a tornare in sé e a porre fine all’attacco sconsiderato contro il Creato. Il papa ha indirizzato questa lettera non solo ai fedeli cattolici, ma a tutto il mondo, chiedendo alle persone di differenti tradizioni religiose di unirsi nel comune obiettivo di salvare il nostro pianeta.
Anche noi, esponenti religiosi, non vedendo alcun conflitto tra la fede e la ragione, accettiamo lo schiacciante consenso scientifico intorno al fatto che il riscaldamento globale è conseguenza dell’attività umana.
Noi, che veniamo dalle tre grandi fedi abramitiche – ebraismo, cristianesimo e islam – siamo uniti nella convinzione della necessità di essere buoni custodi della terra. Tutte le nostre tradizioni affermano la bontà intrinseca di tutta la Creazione e l’obbligo per gli esseri umani di proteggere la nostra casa comune, il pianeta che ci sostiene. Le Scritture ebraiche affermano chiaramente che la Terra appartiene solo a Dio e che noi siamo solo forestieri – non abbiamo diritti di proprietà su base permanente: i frutti della terra appartengono a tutti, inclusi i poveri. Questo antico insegnamento è affermato sia dal cristianesimo che dall’islam. Anche i cristiani vedono il mondo attraverso lenti sacramentali, convinti che la resurrezione di Cristo abbia redento tutta la creazione. E l’islam può essere considerato come una religione della natura, con i 750 versetti del sacro Corano che parlano della nostra responsabilità nei confronti dell’ambiente e della nostra relazione con tutte le creature. Anche l’islam riconosce che ogni cosa in cielo e in terra appartiene a Dio, e che noi ne siamo solo amministratori e vice-reggenti.
Dobbiamo riconoscere che papa Francesco ha ragione nel dire che abbiamo violato questa sacra responsabilità. Questo è reso evidente dallo scandalo del cambiamento climatico, che deriva principalmente dall’uso incessante di combustibili fossili allo scopo di alimentare la nostra economia globale. La strada che stiamo percorrendo è una strada di distruzione. Se non mettiamo in atto i cambiamenti necessari, gli esperti ci dicono che la temperatura media globale salirà tra i 4 e i 6 gradi centigradi entro la fine del secolo. Le conseguenze di un simile aumento sarebbero disastrose, finanche catastrofiche, specialmente per le persone più povere del mondo, che sono le meno responsabili del cambiamento climatico e le meno in grado di adattarvisi, nonché le più amate da Dio. Se non interveniamo, dovremo aspettarci più gravi siccità, inondazioni, ondate di calore e tempeste. Le vite di milioni di persone saranno a rischio a causa dell’innalzamento dei mari. I raccolti rischiano il collasso, specialmente nei Paesi in via di sviluppo.
Il cambiamento climatico non è uno spettro lontano in un futuro remoto. È una realtà presente e sta già soffocando alcune delle zone più vulnerabili del pianeta. Nella regione africana del Sahel, per esempio, la ricorrente siccità mina il benessere umano e può contribuire alla destabilizzazione dell’area. In Siria, la più grave siccità della storia del Paese, fa da sfondo a una drammatica guerra civile. E questo è il risultato di un aumento della temperatura, rispetto ai livelli preindustriali, pari a meno di 1 grado. Quale caos potrà causare un aumento tra i 4 e i 6 gradi?
Se le persone non possono vivere in pace con la terra, non possono vivere in pace le une con le altre. Il cambiamento climatico previsto lascia immaginare maggiori migrazioni e competizione per risorse scarse, e ciò potrebbe causare instabilità, conflitti e guerre. Ciò condurrebbe anche a maggiori tensioni religiose. In Nigeria, già ora, lo spostamento delle persone causato dall’avanzamento del deserto, sta producendo conflitti tra cristiani e musulmani. E il Mediterraneo orientale e il Vicino Oriente sono tra le regioni più esposte alla siccità in caso di aumento delle temperature. Questa è l’antica terra che ha dato i natali alle nostre tre religioni abramitiche e il cambiamento climatico renderà molto più difficile alle persone di differenti tradizioni religiose vivere insieme in armonia su questo sacro suolo.
Chiediamo quindi alle persone di tutte le religioni di unirsi in questa nobile e sacra causa affinché le loro voci risuonino rumorosamente nelle aule del potere ovunque nel mondo. Queste voci devono essere ascoltate soprattutto a Parigi nel prossimo dicembre, quando i leader mondiali avranno l’ultima possibilità di impegnarsi per ridurre le emissioni di carbonio prima di superare il fatale punto di non ritorno.
Siamo convinti che le nostre differenti religioni ci chiamano tutte alla coesistenza pacifica gli uni con gli altri, riconoscendo che – nonostante le divergenze politiche – siamo tutti figli dello stesso Dio. In quanto membri di Religions for Peace, la più grande organizzazione mondiale impegnata nell’avanzamento della cooperazione multireligiosa, sollecitiamo tutti ad alzare la voce contro gli interessi acquisiti, i gretti provincialismi e la sprezzante indifferenza rispetto al cambiamento climatico.
Si tratta di una grande prova del nostro tempo e Dio un giorno ce ne chiederà conto.
* Immagine di Lali Masriera, tratta dal sito Flickr, licenza, immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite
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