Sacerdozio femminile: un libro riapre il dibattito
Tratto da: Adista Notizie n° 14 del 11/04/2015
38081 SAN PIETRO IN CARIANO (VR)-ADISTA. Nonostante si sia fatta largo, all’interno del Popolo di Dio, l’idea che il presbiterato, così com’è strutturato, non abbia attrattive e che dunque sia l’impostazione stessa della questione del sacerdozio femminile da doversi ritenere superata, l’approfondimento delle ragioni alla base del rifiuto di una simile prospettiva – sancito definitivamente nella Ordinatio sacerdotalis di Giovanni Paolo II – non può che giovare al dibattito teologico in materia e, in una prospettiva più ampia, al dibattito riguardante il ruolo delle donne nella Chiesa.
Per questo è così prezioso l’ultimo lavoro della teologa Cloe Taddei Ferretti, Anche i cagnolini. L’ordinazione delle donne nella Chiesa cattolica (Gabrielli Editore, 2014, pp. 174, euro 17; il libro è acquistabile presso Adista, telefonando allo 06/6868692, scrivendo ad abbonamenti@adista.it o collegandosi al sito www.adista.it), che scandaglia con passione e rigore passi biblici e testi magisteriali, non per dire che anche il papa può sbagliare ma, come dichiara la stessa autrice, «per aggiungere altri elementi per la riflessione su quanto Giovanni Paolo II ha voluto stabilire in modo autoritativo».
Il volume – «una grande ricerca scientifica» come lo definisce nella prefazione il vescovo emerito di Caserta, mons. Raffaele Nogaro – si compone di due parti. La prima, dal titolo “In margine agli antichi riti di ordinazione delle diaconesse”, riproduce – con qualche aggiunta – un articolo pubblicato dall’autrice nel 1999 sulla prestigiosa rivista Studium e presenta un excursus storico sulle funzioni ministeriali esercitate da donne nel cristianesimo: i vari tipi di ministeri delle origini; le tracce, molto discusse, di un ministero presbiterale femminile; le tracce, indiscutibili, di un ministero diaconale femminile, fosse esso ordinato o istituito, e le funzioni delle vedove con prerogativa di “precedenza”. Taddei Ferretti analizza altresì l’antico rito di ordinazione diaconale nella Chiesa bizantina, sostenendo che oggi, nel caso di ripresa della prassi di ordinare donne al diaconato, un identico rito di ordinazione e identiche funzioni dovrebbero essere propri per diaconesse e diaconi. Una tesi che l’autrice sceglie di sostenere, «non per uno spirito di rivendicazione», ma in base al nuovo modello antropologico che valorizza la persona e la reciprocità dei generi anziché la complementarità.
La seconda parte, intitolata “Le cose che riguardano Dio”, si concentra invece sulla «ipotetica possibilità di ordinazione presbiterale delle donne». La teologa fa il punto della discussione, tenendo presenti anche le recenti affermazioni di papa Francesco e sviluppando una riflessione su diversi argomenti connessi: la credenza a lungo perdurante di subordinazione della donna, il simbolo sponsale, Maria modello per tutti i cristiani, l’incarnazione del Verbo, l’impossibilità di vocazione presbiterale per le donne, il valore di una dottrina e in particolare quella della Ordinatio sacerdotalis, infine il segno sacramentale e la sostanza di un sacramento come riflessione per un’ipotesi di superamento del problema. Ma, pur arrivando a sostenere, sulla base di argomentazioni razionali e riflessioni teoriche, la possibilità di estendere l’ordinazione presbiterale alle donne, l’autrice spiega che il vero intendimento della seconda parte è quello di proporre una preghiera di supplica al Signore, «affinché ciò che appare impossibile possa divenire possibile». E lo fa attingendo parte dell’oggetto della preghiera dalla Lettera agli Ebrei – là dove dice «Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati» (Eb 5,1-4) – e parte dall’episodio della cananea (narrato in Marco 7,24-30 e in Matteo 15,21-28).
L’episodio della cananea è d’altronde quello che dà il titolo all’intero volume. È lei infatti che, di fronte al duplice rifiuto di Gesù di guarire sua figlia – «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele» le dice prima, e poi «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini» (cani era, invece, l’appellativo in uso al tempo per denominare spregiativamente i pagani) –, pronuncia le parole: «Ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Un atteggiamento, questo della donna, che, come ricorda Taddei Ferretti, la teologa Lilia Sebastiani ha definito di fiera umiltà e non di umile fierezza: «Ella supplica per un miracolo come chi difendesse un diritto, ha una fede profonda ma non acritica, come Abramo, Giacobbe, Mosè, Giobbe; la sua affermazione riguarda la salvezza da parte di Dio e costituisce un chiarimento di quanto, nel ragionamento di Gesù, è implicito e di quanto deve essere trasceso».
E quell’«anche i cagnolini» è il nucleo della preghiera, proposta a favore non di «una particolare categoria di persone», ma della «bellezza del piano di salvezza» di Dio, che «include anche e si manifesta in ogni fiorire di comunione fra diversi». «“Anche”: l’esclusione di ogni esclusione. “Cagnolini”: esseri umani esclusi da Gesù stesso per motivi “teologici” superiori; esseri umani inclusi da Gesù stesso dopo la sollecitazione della donna a superare la chiusura escludente».
Un contributo importante quello di Cloe Taddei Ferretti per rivedere il ruolo della donna nella comunità ecclesiale, approfondimento necessario, come scrive mons. Nogaro, «per poter fare rivivere la verità del Vangelo». «È giusto infatti – conclude il vescovo emerito nella prefazione al volume – che nella Chiesa le donne svolgano i compiti che Gesù ha loro affidato, gli stessi dei maschi».
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