PASSA LA MOZIONE ANTI-GAY. E IL VENETO FA LA FESTA ALLE FAMIGLIE
Tratto da: Adista Notizie n° 37 del 25/10/2014
37831 VENEZIA-ADISTA. “Paese che vai, iniziativa omofoba che trovi” verrebbe da dire scorrendo le tre pagine della mozione anti-gay, la n. 270, approvata dal Consiglio regionale del Veneto il 14 ottobre scorso con 30 voti favorevoli e 20 contrari.
Come in un grande deja vu, nel documento – presentato il 4 luglio scorso da un gruppo di consiglieri leghisti (prima firmataria la vicecapogruppo Arianna Lazzarini) – si leggono premesse, considerazioni e richieste formulate, con parole uguali o simili, in analoghe iniziative promosse dai consiglieri della destra cattolica nei Comuni di Palermo, Assisi, Verona, Orvieto e nella Regione Lombardia (v. Adista Notizie n. 27/14). Tanto che è lecito pensare ad un’unica regia dietro la stesura di tali dispositivi, forse attribuibile a “Giuristi per la vita”, associazione no-choice della destra cattolica che ha pubblicato sul sito un modello di dispositivo dal titolo “Ordine del giorno a tutela della famiglia naturale”, una sorta di traccia cui sembrano essersi ispirati tutti i consiglieri promotori.
Allo stesso modo del Consiglio regionale lombardo, i leghisti veneti chiedono alla Giunta regionale «di individuare una data per la celebrazione della Festa della Famiglia Naturale, fondata sull’unione fra uomo e donna, promuovendone sia direttamente che indirettamente attraverso scuole, associazioni ed Enti Locali la valorizzazione dei principi culturali, educativi e sociali». La mozione chiede inoltre «al governo nazionale la non applicazione del Documento Standard per l’educazione sessuale in Europa, redatto dall’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità», considerato un attacco frontale all’unicità della famiglia tradizionale e un tappeto rosso alle lobby gay nelle scuole.
La mozione elenca una serie di condanne e di principi molto cari ai movimenti e alle gerarchie cattoliche, che a livello locale sembrano ancora trovare nelle destre fondamentaliste un gradito alleato per la crociata contro quella che hanno ribattezzato “teoria del genere” e contro la cosiddetta “propaganda omosessualista”. Si legge ad esempio che «la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna rappresenta l’istituzione naturale aperta alla trasmissione della vita e l’unico adeguato ambito sociale in cui possono essere accolti i minori in difficoltà, anche attraverso gli istituti dell’affidamento e dell’adozione». Porte in faccia, dunque, alle famiglie di conviventi, a quelle monogenitoriali e anche a quelle omosessuali, evidentemente reale bersaglio della compagine leghista. Nel dispositivo, si legge anche che «le istituzioni devono provvedere allo stanziamento di pubblici sussidi al fine di garantire ai genitori un’effettiva libertà nella scelta della scuola per i propri figli». In poche parole: finanziamento alle scuole private, in larghissima parte cattoliche. Il solito assist alle gerarchie, il solito sgambetto alla Costituzione.
Segue nel testo una carrellata di fatti avvenuti di recente in Italia che testimonierebbero – secondo gli estensori della mozione n. 270 – come, «con il pretesto di combattere “inutili” stereotipi, si stiano moltiplicando i casi di aperta propaganda contro la famiglia naturale, soprattutto nel mondo scolastico» (con proiezioni di film a tematica gay, rivisitazioni in chiave omosessuale di fiabe e racconti, ecc.) e soprattutto ad opera dell’Unar (l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri), considerato dalle destre cattoliche il “braccio armato” delle lobby gay (v. Adista Notizie n. 9/14). «È legittimo e condivisibile che nelle scuole si insegni a non discriminare i gay o altre minoranze, ma questo non deve necessariamente comportare l’imposizione di un modello di società che prevede l’eliminazione delle naturali differenze tra i sessi», tuona la mozione. Condanna senza appello, ovviamente, anche per il disegno di legge antiomofobia (il cosiddetto ddl Scalfarotto) il quale – dicono sempre i firmatari, omettendo che il disegno è stato ampiamente edulcorato da una serie di emendamenti che ne limitano l’applicabilità –, una volta approvato anche in Senato, manderà in galera «chi ad esempio si dichiarerà contrario al matrimonio fra persone dello stesso sesso».
Dito puntato contro i 31 consiglieri “omofobi” da parte degli esponenti del Consiglio veneto che si sono sempre opposti a questa mozione: «In cinque anni chi governa il Veneto ha già fatto ampiamente la festa alla famiglia, azzerando finanziamenti e servizi. Siamo di fronte a un’operazione di propaganda, che ha il solo scopo di nascondere le inadempienze e i tagli effettuati dalla giunta», ha denunciato Claudio Sinigaglia del Pd. Gli ha fatto eco il collega di partito Piero Ruzzante, il quale ha dichiarato che la mozione «è un obbrobrio che discrimina quanti vivono forme di convivenza diversa dalla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna».
Quante bugie…
Nei giorni precedenti il voto, anche l’associazionismo lgbt veneto ha bocciato la mozione del Carroccio. Famiglie Arcobaleno, in un comunicato del 1° ottobre, ha chiesto invano al Consiglio di non votarla, perché antidemocratica e «fortemente discriminatoria», dal momento che «esclude di fatto le differenti tipologie di famiglie» presenti in Veneto e in tutta Italia. La famiglia, ha chiarito Cinzia Gatto (referente politico Famiglie Arcobaleno Triveneto e firmataria dell’appello), «è un nucleo che prima di tutto nasce dall’amore, indipendentemente dai legami burocratici, che non ne sanciscono di fatto la rispettabilità o l’esistenza».
«Troviamo fortemente coercitivo, discriminatorio, diseducativo ed antidemocratico», ha poi aggiunto l’associazione, «il “suggerimento” di elargire fondi pubblici per il finanziamento delle scuole paritarie, ossia private, definendo tale proposta “libertà di scelta”». E ancora, un’ulteriore fattore di discriminazione è «la proposta “bavaglio e censura” rispetto alla distribuzione dei testi dell’Unar sull’identità di genere nelle scuole», ben lontani dall’intenzione di annullare le differenze ma che invece «educano al rispetto della sessualità di ognuno». La referente politica di Famiglie Arcobaleno del Triveneto ha inoltre denunciato le altre menzogne presenti nella mozione: «Non ci sono “fiabe rivedute e corrette in chiave omosessuale” (citiamo testualmente la mozione) e in nessuna di esse Biancaneve sposa la strega».
I leghisti parlano di «destrutturazione della “famiglia naturale”», si legge ancora nel comunicato: «Ma è così debole il vostro concetto e di fatto la vostra pratica della famiglia? Sono davvero così fragili questi “nuclei naturali”? È davvero così precaria questa struttura uomo-donna? Noi crediamo di no. Noi crediamo che ci si possa confrontare su questi temi, a prescindere dai colori politici. Noi riteniamo che la genitorialità non sia un fatto espresso esclusivamente dalla biologia (lo dimostrano le famiglie che adottano dei figli). L’amore non è un fatto di corrispondenza di basi azotate. L’amore è amore», ed è «questo amore che va tutelato». «Non esistono famiglie di serie A o di serie B, esistono famiglie e basta ed esistono bambini e basta».
L’oscurantismo dei diritti
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il comunicato del 1° ottobre scorso di un cartello di associazioni lgbt locali, tra cui Arcigay, Arcilesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno, Rete Genitori Raimbow, per le quali la mozione n. 270 spinge il Veneto «all'oscurantismo dei diritti civili» e «si oppone anacronisticamente all'evoluzione sociale, ad una visione comunitaria inclusiva, nonché alle direttive nazionali ed internazionali in materia». «Il testo contiene affermazioni gravemente discriminatorie e colpevoli di vera e propria disinformazione sul ddl Scalfarotto per il contrasto all'omotransfobia, sulla strategia dell'Unar contro le discriminazioni e su altre delicate questioni». I consiglieri leghisti, «ignorando la realtà dei fatti che vede una società multiforme e di certo non standardizzata», intendono festeggiare le famiglie “naturali” e allo stesso tempo respingono tutte le altre (ad esempio conviventi, vedovi con figli, omosessuali, ecc.), indegni di essere festeggiati perché “innaturali”. «Infelice» infine anche la proposta di finanziare le scuole private venete, in un periodo in cui la scuola pubblica versa in condizioni disastrose. (giampaolo petrucci)
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